Brunch a Roma, tra miseria e nobiltà e la grande abbuffata

Brunch a Roma, tra miseria e nobiltà e la grande abbuffata. Il miglior brunch a Roma? Non esiste. La versione inglese del breakfast che si sovrappone al lunch nella Capitale è diventata l’abbuffata della domenica. E pure di scarsa qualità. I pochissimi locali che ne garantiscono un po’ hanno prezzi non inferiori alle 40 € per un classico menù fisso spacciato per “brunch”; ma coi piatti caldi che diventano freddi, quelli freddi scaldati dai piatti caldi di lavastoviglie (per la bulimia di piatti che si crea nei “brunchivori”) e quel potpourri in cui degenera che stravolge i sapori.

Dimostrazione di scuola di come il marketing abbia preso il sopravvento sulla cultura del cibo, il “brunch de noantri”non lo digerisco. Anche l’ultimo tentativo in un locale che è trai miei best del gusto – di cui non faccio il nome perché irrilevante – mi ha fatto prendere la decisione: mai più brunch, almeno a Roma.

 

miglior brunch roma

 

E dire che ne ho date di chances al brunch della domenica. Odio i buffet – che devo già mal digerire nei pranzi di lavoro -, con la gente che sgomita assatanata manco non mangiasse da una settimana, e quei piattoni riempiti a supercazzola; con la mozzarella che annacqua i moscardini al sugo e la maionese dell’insalata russa che vi si stempera, dando vita a un amalgama che mai tollereremmo in altra situazione. In questo caso, invece, ti ci sottoponi, consapevolmente, quasi fosse una sadica perversione.

Ho provato anche quello servito a tavola, ma le portate in ordine sparso, coi rigatoni all’amatriciana che s’insozzano del gorgonzola che c’era nella polenta e del coagulo lasciato dagli antipasti proprio non lo sopporto. Così che anche un locale che considero un must per un pranzo o una cena come si deve, col brunch mi perde punti (e non pochi).

 

miglior brunch roma

 

 

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Insomma, il brunch a Roma ricorda tanto la ressa da morti di fame di “Miseria e nobiltà” o, nei posti un po’ più chic, un modo per suicidarsi tipo “La grande abbuffata”. Quelli che considerano il cibo ancora cultura ed emozione rifuggono da entrambe le situazioni. E i ristoratori che tengono al proprio nome e a quello del proprio locale non propongono affatto il “brunch”; che non regge neppure a chi controbatte: “eh, ma mangio con 20 €!”. Con 20 euro – bevande escluse – puoi mangiare, e bene, in tante altre situazioni. Certo, non ti abbuffi. Ammesso che abbuffarsi sia “mangiare”. Meglio, molto meglio, il buon vecchio menù fisso o “degustazione” allora. Se proprio vogliamo dargli un tono risparmiando.

 

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