Enogastronomia, raccontare la propria storia per farsi conoscere

Enogastronomia, raccontare la propria storia per farsi conoscere. La difficoltà maggiore per molte aziende è farsi conoscere e la pubblicità, da sola, non basta. Perchè? Perchè non dice “chi siamo” e “cosa facciamo”. La pubblicità si limita a un messaggio sintetico (il più delle volte uno slogan) utile a rendere riconoscibile e promuovere il proprio marchio e la sua efficacia aumenta solo con campagne che implicano un impegno economico importante.

A monte, inoltre, c’è l’esigenza di comunicare il contenuto dell’azienda: cosa fa, dove, come, quando e per chi, appunto. Come ho già cercato di spiegare in “Ristorazione oggi, comunicare bene nonostante fake e Tripadvisor”, un valido ufficio stampa o un’agenzia di Pr può essere di aiuto, fornendo informazioni corrette a giornalisti, food blogger professionali e influencer. Partendo ovviamente dal presupposto che il solo passaparola non basta ed è di per se’ limitato come mezzo di auto-promozione.

Se però non si vuole procedere con una vera e propria campagna stampa sui media – che può comportare anch’essa una spesa importante -, allora c’è la via dello storytelling e del native advertising. Ovvero, farsi conoscere attraverso il racconto della propria storia su siti settoriali, così da raggiungere facilmente i propri potenziali clienti o chi potrebbe essere interessato alla nostra attività.

 

storytelling enogastronomia

 

Si tratta, in parole povere, del racconto della propria realtà imprenditoriale, di ciò che la identifica, dei prodotti e delle novità, fatto da altri che, al contempo, possa ispirare e coinvolgere il pubblico.

L’obiettivo è quello di fornire stimoli al pubblico senza ricorrere alla classica pubblicità, bensì al racconto informativo. In questo modo il proprio marchio circola, con una corretta informazione, mirata, nei contesti più interessanti per i propri prodotti, cosa che l’informazione generalista non permette, sia per la limitatezza del messaggio (nel caso della pubblicità) che per i costi rilevanti che una campagna comporta (sia in ambito pubblicitario che giornalistico).

 

storytelling enogastronomia

 

Nell’affidare il proprio “racconto informativo”, poi, più che ai numeri (numero di follower su Twitter o Instagram, contatti unici del Sito, numero di “mi piace” sulla pagina Facebook) bisogna guardare alla qualità del mezzo e del lavoro che svolge e al target a cui è indirizzato, anche via social media.

Se l’obiettivo, per esempio, è far conoscere la mia distilleria che produce una particolare grappa in edizione limitata risulterebbe ben poco proficuo affidarne il racconto a un sito che si occupa del settore “bar” in generale, per quanto seguito; risulterebbe invece più valido individuare un sito che centri il nostro pubblico di riferimento per fascia di età, gusti, capacità di spesa e orientamento nei consumi (prodotti ricercati). Se poi questo sito ha un pubblico di lettori che include giornalisti, influencer e operatori del settore enogastronomico, anche business (come consulenti, Chef, ristoratori e gestori di locali in generale), allora abbiamo fatto centro. Le parole, soprattuto quelle che raccontano la nostra storia, sono importanti, non affidiamole a caso.

Risultati:

  • Il tuo profilo-azienda nelle prime pagine di Google attraverso un Search Engine Optimization (SEO) ad hoc;
  • Maggiore visibilità del profilo-azienda sul Web lavorando con i Social Networks (Instagram, Twitter, Facebook);
  • “brand reputation”: la tua azienda viene riconosciuta. Oltre a farti trovare, il SEO aumenterà il valore del tuo brand agli occhi del pubblico.

Se sei interessato ad approfondire contatta pure: gugsto.it@gmail.com

 

storytelling enogastronomia

 

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