Intervista ad Heinz Beck, le nuove aperture e la mia cucina-etica

E’ pluristellato ma si atteggia davvero poco a star. Avrei voluto chiedergli se gli piacerebbe far parte della giuria fissa di Masterchef, visto che ora, con l’uscita di Carlo Cracco, si è liberato pure un posto, ma poi desisto: anticipa di mezz’ora l’appuntamento per l’intervista perché altrimenti si andrebbe troppo a ridosso del servizio e lui, come è sua abitudine, vuole seguire la cucina. Mi pare davvero superfluo perdere tempo con questa domanda. Soprattutto dopo che la conversazione sfocia sui temi etici e ambientali legati a salute e nutrizione.
Heinz Beck arriva al lounge bar de “La Pergola” dalla cucina con la sua divisa da cuoco, un po’ trafelato, tra telefonate, assistenti che gli sottopongono questioni varie e un brutto raffreddamento stagionale. Una volta seduto di fronte a me, però, non vuole sapere più niente, spegne il telefono, appoggia la scatola di kleenex sulla poltrona, ci presentiamo e mi dedica tutta la sua attenzione (si indispettisce pure quando un’assistente ci interrompe per sottoporgli altre faccende). Tanto che la prima domanda me la fa lui. “Da quanto tempo vive a Roma?”. Dalle poche parole di circostanza scambiate, Heinz Beck ha capito che anch’io, come lui, sono romano di adozione. Questo mi fornisce lo spunto per una della domande a cui non voglio proprio rinunciare prima che scada il tempo e lui torni alle preparazioni e ai fornelli.

D In una recente intervista il Premio Oscar Paolo Sorrentino ha lanciato il suo “urletto di dolore” per Roma: “Una città ferma, stanca, moscia, priva di qualsiasi idea di futuro”, sono le sue parole. Lei che ci vive da 23 anni, come la vede oggi?

R “Con Sorrentino abbiamo cenato assieme proprio l’altra sera! Guardi, io dico sempre: non si può scegliere dove nascere ma si può scegliere dove vivere e io ho scelto di vivere a Roma. Sul fatto che abbia tutte queste problematiche possiamo essere più o meno d’accordo, ma è sempre la città più bella del mondo. Roma ha dei problemi, ma perché, le altre città non ne hanno? Vent’anni fa New York non aveva problemi? Il problema non è dove siamo, il problema è dove vogliamo andare”.

D Edoardo Raspelli l’ha definita “Una grande bandiera della ristorazione italiana nel mondo”, è nelle classifiche degli chef più influenti al mondo eppure non è nelle liste dei più facoltosi, dove figurano Alan Wong, Joe Bastianich, Jamie Oliver, Gordon Ramsay, Carlo Cracco, Antonio Cannavacciuolo, come mai?

R “Io cerco di cucinare. Penso che ognuno debba costruirsi il suo spazio, il mio spazio è in cucina. Però le posso dire che sono nella classifica degli Chef più social! Non certo per i selfie ma per i miei piatti. E’ chiaro che i numeri sono importanti. Il ristorante La Pergola da 20 anni è pieno tutte le sere: deve produrre reddito, altrimenti non sta in piedi, come qualsiasi attività. E il mio è un approccio scientifico, non ci sono favoritismi: chi prenota prima ha il tavolo migliore. Se fai un’eccezione, poi diventano due, cinque, cinquanta e ti trovi a dover accontentare più persone per la stessa sera. La gente poi si arrabbia. Tutti sanno che a La Pergola non ci sono favoritismi”.

D Con Attimi al Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino, realizzato in partnership con Chef Express del gruppo Cremonini, ha creato un innovativo format di “cucina a tempo”, è replicabile? Penso per esempio agli aeroporti alle stazioni ferroviarie dove Chef Express è presente…

R “Certo che lo è, si tratta di un concept ideato per quello, sicuramente l’obiettivo è replicarlo. Dove non so dire ora, visto che si tratta di una partnership. Voglio precisare che Attimi non è un fast food ma un “Easy&Smart Food”, dove tutto parte dalla materia prima. Che tu opti per il consumo al banco, il take away, il menù a la carte – scegliendo di mangiare anche solo un primo piatto – o uno dei tre menù a tempo proposti (30 minuti, 45 minuti e un’ora, partendo dai 38 euro bevande incluse, ndr), troverai sempre qualità e servizio di livello”.

D Lei ha la gestione di otto ristoranti tra Italia, Portogallo, Emirati Arabi e Giappone, c’è in vista qualche altra apertura?

R “Saranno 10, stiamo lavorando all’apertura di altri due ristoranti entro l’estate di quest’anno”.

D Dove?

R “Italia e Francia, posso aggiungere solo al Sud di entrambi i paesi”.

D I ristoranti verranno aperti all’interno di catene alberghiere?

R “Si tratta di due importanti alberghi che non hanno relazioni con catene. Di più non posso dire perché stiamo definendo i contratti”.

D Cosa non ha funzionato con l’Apsleys aperto nel 2010 al The Lanesborough Hotel di Londra e poi chiuso?

R “L’hotel è stato chiuso per un certo periodo perchè c’è stato un cambio di proprietà, da St.Regis a Oetker, e semplicemente la nuova gestione voleva la cucina francese. Non ho mai chiuso un ristorante”.

D Per lei cucina è diventato sempre più sinonimo di salute e benessere e ha legato la sua attività alla ricerca di tecniche e innovazioni indirizzate in questo senso, perché?

R “E’ coerente con quello che faccio: cucinare sano”.

D Uno “Chef-nutrizionista”…

R “Mi affianco a professionisti che danno il placet sulla parte scientifica, io non sono né un nutrizionista né tanto meno un medico. Non posso dare diete, ma ciò non toglie che io non possa fare una cucina salutare. I miei menù sono molto equilibrati e dalla elevata digeribilità. Il mio scopo è garantire un apporto calorico ottimale ed equilibrato con tutti i nutrienti, senza tralasciare il gusto ovviamente”.

D Quando ha cominciato a intraprendere questa strada?

R “Nel 2000 ho cominciato a rivoluzionare il mio pensiero, mi sono affiancato a grandi professionisti medici che mi hanno insegnato tantissimo. Nel 2006 ho fatto uno studio sull’assimilazione insulinica post pasto che non destò interesse perché nessuno allora pensava alla correlazione cucina-salute, oggi sono invitato a congressi medici.”

D Cosa l’ha spinta 17 anni fa a intraprendere questa strada di ricerca?

R “Sono stato invitato da alcuni neurochirurghi a fare una ricerca sugli effetti del vino sul cervello e sulla digestione nei sommelier e nelle persone comuni. L’ho trovato un gioco che mi ha appassionato tantissimo. Poi sono stato mosso dalla curiosità e dalla voglia di dare benessere al mio ospite, così che potesse trarre il massimo piacere dall’intera durata dell’esperienza La Pergola senza sentirsi appesantito. L’obiettivo è legare piacere a benessere. Quando vai in un ristorante dai il tuo bene più importante, la salute, in mano a chi cucina. Se tu sei un buon oste, devi garantire a chi viene nel tuo locale che torni a casa in condizioni migliori di quando ci è arrivato. Devo fare tutto quanto è nel mio sapere e nella mia capacità per rispondere a questo”.

D Dopo la sostituzione dell’acqua con quella ottenuta dalla centrifugazione e dalla distillazione di frutta e verdura, soprattutto nei lievitati con l’acqua di pomodoro, sta lavorando a qualche altra tecnica?

R “Il mio è uno studio continuo, in cucina c’è anche lo spazio riservato al laboratorio, e qualche volta metto anche in dubbio quello che abbiamo fatto prima per trovare nuove strade, nuovi stimoli e nuove soluzioni. E’ un lavoro che faccio col mio team in cui credo molto, è fondamentale. Ora stiamo cominciando a scoprire la natura, partendo dal passato e seguendo l’evoluzione. Partire dall’ambiente e dalla natura è un modo responsabile di agire. Ma attraverso quello che la natura ci dà cerchiamo anche di migliorare la salute con ciò che mangiamo, con la prevenzione. Per esempio, abbiamo cominciato a lavorare sulle alghe*, per diminuire il cloruro di sodio nei piatti, e con le alofite**, che possono crescere su suoli in cui c’è acqua salata – visto che l’acqua dolce sarà sempre meno disponibile -, per vedere come possiamo sostituire alcune verdure. Le innovazioni derivano sempre da esigenze. L’obiettivo è sempre quello di dare più emozione possibile, ma in modo responsabile. L’altro approccio è quello dell’economia circolare. La cucina di un ristorante, soprattutto di questo livello, produce molto scarto, che è vero scarto se lo butti. Nell’economia circolare va visto come risorsa. Noi riutilizziamo l’acqua del pomodoro, il 90% del prodotto, per la lievitazione della focaccia. Il risultato è che alla stessa quantità di focaccia corrisponde un 25% di farina in meno, quindi meno calorie. Ecco che l’acqua di pomodoro da scarto diventa un valore aggiunto. Il segreto è non stare inermi davanti a un problema ma vedere quanto un problema può diventare un’opportunità. Expo ha lasciato questi temi inesplorati o non approfonditi”.

D Non è un caso allora che il suo ristorante sia frequentato anche da professionisti dello sport, come il capitano della As Roma, Francesco Totti?

R “A dire la verità Francesco Totti non è un cliente abituale, ma tanti suoi compagni di squadra sì, per esempio Alessandro Florenzi e Daniele De Rossi e anche l’ex allenatore Rudi Garcia”.

Dopo le accuse di essere stato troppo duro nell’aver stroncato la maggior parte dei piatti dei concorrenti alla sua partecipazione a Masterchef, un’altra domanda che avevo pensato di rivolgere ad Heinz Beck era cosa fosse la cucina per lui: rigore, costanza, sperimentazione/fantasia, innovazione? Anche questa però sarebbe suonata superflua, se non banale. Il tempo in sua compagnia è volato. Più che un’intervista è stata una piacevole conversazione a ruota libera, per entrambi. Me lo dice lui stesso stringendomi la mano prima di congedarsi per tornare in cucina. L’ora di cena è ormai arrivata. E per me è il riconoscimento più bello. Non l’ho annoiato e lui, sicuramente, non ha annoiato me. E neppure voi, credo.

 

*A “Identità golose” 2017 Heinz Beck ha presentato una ricetta, “Il panino non panino”, la cui preparazione prevede proprio l’affumicatura della carne con le alghe, questa viene quindi servita con del pane azzimo a mò di panino.Le alghe, dette “verdure di mare”, hanno moltissime proprietà nutrizionali, essendo ricche di micronutrienti come vitamine, antiossidanti, proteine e minerali. Esse rappresentano un’opportunità per valorizzare il gusto degli alimenti, creando contrasti, equilibrando sapori o anche esaltando le sfumatura di alimenti di per sé non molto saporiti; possono essere utilizzate come base per zuppe, brodi e salse; oppure se ne può sfruttare l’aspetto estetico, per rendere più colorato un piatto, o la consistenza, ad esempio per aggiungere croccantezza a un piatto cremoso e morbido. Quindi non solo sono una risorsa in cucina per questioni di gusto o estetiche, ma possono anche apportare benefici alla salute.
**Le alofite sono piante che tollerano alte concentrazioni di sali nel suolo, come quelle che vivono nelle acque marine o salmastre dove una pianta classica avrebbe difficoltà di sopravvivenza. Tra le alofite commestibili ci sono l’asparago di mare, il finocchio di mare, la quinoa. Queste piante hanno anche un’elevata resistenza alla siccità e a lunghi periodi senza acqua, grazie alla capacità di accumulo, sia di quest’ultima che di sali stessi nei tessuti; vegetano in zone anche desertiche, dove l’acqua viene trovata grazie alle radici, che penetrano molto in profondità, come accade con le palme delle oasi. La continua crescita demografica e la scarsità delle riserve d’acqua dolce fanno crescere l’interesse per i progetti di irrigazione con acqua salata. L’uomo vanta una storia al fianco delle alofite, come la quinoa, di circa 10.000 anni. I discendenti dei Quechua e Aymara raccontano che grazie al “Grano de Oro” non c’era la fame negli altopiani.

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