Castello La Leccia lancia la sua sfida col Chianti biologico

Il Chianti si esalta nella nuova sfida del Castello La Leccia
di Emmanuel Milano*

E’ una storia che parte da molto lontano quella del Castello La Leccia. Già nel 1077 il nobile Rodolfo di Guinzo ne acquistò una parte, ma verso la metà del 1400 anche sul castello, come su larga parte del territorio del Chianti Classico, si estese il dominio della famiglia Ricasoli. Notizie dell’antica vocazione vitivinicola arrivano già dal 1500 da alcune lettere di Andrea Ricasoli. Posizione strategica quella della tenuta, nel cuore del Chianti Classico dove occupa 100 ettari, tanto che durante la seconda guerra mondiale ha anche subito dei bombardamenti perchè occupata dai tedeschi. Nel 2012, dopo oltre quattro anni di restauro con il prezioso contributo dell’architetto Alessandro Loni Coppedè, il Castello è tornato all’antico splendore.

Le colline circostanti che arrivano fino a 500 metri sono il terreno ideale per produrre vini profumati e intensi. La scelta dell’azienda dello svizzero Rolf Sonderegger è quella di rispettare l’equilibrio dell’ecosistema. Sono quindici gli ettari dedicati alle vigne e in futuro la scelta è di non superare mai i diciassette. Il padrone di casa è il general manager Guido Orzalesi e in poche parole ci fa capire la sua filosofia. “Questa – spiega – è una nuova sfida e mi permette di curare le vigne filare per filare. Dedicando un’attenzione alle uve che con una produzione maggiore non sarebbe possibile”. 

Un vero gioiello il castello dell’azienda agricola che oggi offre anche la possibilità di soggiornarvi, tra le 12 camere e l’appartamento Casa La Leccia adiacente, o di un semplice tour in cantina. E in un atmosfera suggestiva, soprattutto al tramonto, si possono ovviamente degustare i vini dell’azienda da accompagnare all’offerta ristorativa curata dallo chef Giulio Poggioni con prodotti del territorio.

Il Chianti si esalta nella nuova sfida del Castello La Leccia

Il vino ideale per l’ora dell’aperitivo è l’IGT Vivaio del Cavaliere: l’annata è il 2018 ed è frutto di un sapiente mix tra Sangiovese, che fa la parte del leone con il 75%, Malvasia nera e Syrah. Di pronta beva e di facile abbinamento si esalta con formaggi stagionati e salumi. Al naso è fruttato con prevalenza di sentori di marasca e leggere note floreali. Al palato è fresco e leggero.  

La produzione di quest’anno della tenuta è arrivata a 50.000 bottiglie e, di queste, 40.000 sono di Chianti Classico, vino amato e conosciuto in tutto il mondo. Quella del 2017, racconta Guido Orzalesi nella webinar di presentazione alla stampa, è stata annata complicata, ma il raccolto tempestivo ha permesso di salvare le uve. Il risultato è un vino potente, ma un po’ chiuso, condizionato dal tannino. 

Il prodotto della migliore vigna della tenuta, quella in cui si sfrutta al meglio l’escursione termica, è il Bruciagna. Il Chianti Classico Gran Selezione 2015 dell’azienda viene prodotto in 3.000 bottiglie e nel tempo è pronto a esaltarsi, ma anche dopo cinque anni si fa apprezzare per l’eleganza. Potente in bocca, intenso al naso con aromi di ciliegie mature, liquirizia e tabacco.

Progetto ambizioso quello che Orzalesi sta portando avanti per i Sonderegger che considerano l’azienda una famiglia. Tanto che in tempo di Coronavirus hanno deciso di coinvolgere nel raccolto, durante la chiusura, i dipendenti dell’agriturismo.  

*Giornalista e Sommelier Bibenda che ha avviato il suo contributo alla sezione “Vini & Bolle” con un articolo dedicato all’Orvieto Doc

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