Cinque firme per l’Orvieto DOC. Si fa squadra nel cuore verde d’Italia

Cinque firme per l'Orvieto DOC. Si fa squadra nel cuore verde d’Italia
di Emmanuel Milano

Cinque produttori di Orvieto DOC hanno deciso di associarsi per valorizzare un vino apprezzato da centinaia di anni e che persino Pinturicchio, affrescando il Duomo della città, chiedeva come pagamento in natura. Ci troviamo in una delle zone di produzione più antiche del Belpaese a cavallo tra l’Umbria e il Lazio. E’ questa la culla dell’Orvieto DOC un vino ottenuto da varietà autoctone (Procanico e Grechetto, ma anche Verdello, Drupeggio, Malvasia) apprezzato persino da Garibaldi prima della partenza da Talamone alla volta della Sicilia.

Tenuta Le Velette, Cantine Neri, Madonna del Latte, Palazzone e Sergio Mottura hanno deciso di fare fronte comune per sostenere un modo condiviso di fare vino. Dall’assoluto rispetto del territorio, con il minimo impatto ambientale, alla sapiente gestione del vigneto e la massima attenzione nella gestione della produzione sono i cardini della loro vitivinicoltura. Naturalmente ogni azienda valorizza i suoi punti forti e declina in modo diverso un vino che dal 1971 ha ottenuto la Denominazione d’origine controllata.

Iniziamo il nostro viaggio dalla Cantina Neri. L’azienda si sviluppa su ottanta ettari di terreno, cinquanta dedicate al vigneto. Ci troviamo a Bardano, a pochi passi da Orvieto. Qui le importanti escursioni termiche, insieme a terreni argilloso-tufacei, contribuiscono a creare un habitat ideale per la coltivazione della vite. E del suo “Ca’ Viti” Enrico Neri dice: «Il 2018 e 2019 sono espressione di due annate molto diverse e complementari, sono unite dal filo comune di piacevolezza e freschezza e supportate dal carattere sapido e minerale. Il vino del 2019 è ancora giovane, un po’ timido al naso ma promette forza e longevità».

Ci trasferiamo nella Tenuta Le Velette una realtà storica dell’omonima località. Qui si produce Orvieto dal 1877 con una continuità familiare che arriva fino ai giorni nostri grazie alla famiglia Bottai che così spiega la sua ultima creatura, il “Lunato” 2019: «Frutto di un’annata tra le più calde, ma anche tra le migliori in fatto di maturità e qualità delle uve, esprime quanto mai le potenzialità e la ricchezza di un territorio unico».

Madonna del Latte è un’azienda a conduzione familiare nata nel 2000 che si trova tra Orvieto e il Lago di Bolsena e produce vini nel completo rispetto dell’ambiente. I fondatori Manuela Zardo e Hellmuth Zwecker, giornalisti enogastronomici, dopo tanto peregrinare, hanno trovato in Umbria, nel paesaggio intatto dell’antica Tuscia, il luogo ideale per realizzare il progetto di un loro vino. E su terreni sabbiosi e tufacei di origine vulcanica nasce un Orvieto DOC fresco e gustoso.

Tornando verso Orvieto, a pochi passi dalla città, ci fermiamo nel podere Palazzone. Qui con una vista mozzafiato sulla rupe si può vivere un’esperienza a tutto tondo, immergendosi nelle vigne e pernottando nella Locanda. Palazzone è un’azienda caratterizzata dalla grande eterogeneità del terreno, che consente di esprimere grande complessità. «Il nostro Terre Vineate 2019, Orvieto Classico Superiore, ottenuto dal classico uvaggio con prevalenza di Procanico e Grechetto, si distingue per concentrazione ed equilibrio con una spiccata mineralità e sapidità», spiega Giovanni Dubini.

Chiudiamo il percorso con Sergio Mottura, storico sostenitore degli autoctoni che ha sempre ricercato e sperimentato sul campo i diversi aspetti della vinificazione. La tenuta occupa 130 ettari, delimitata a ovest dalle colline e dai canyon di argilla di Civitella d’Agliano e ad est dalla valle del Tevere. Qui si fa Orvieto dal 1292 e la testimonianza si trova nell’archivio della città. L’attenzione per i dettagli è massima, con i vigneti coltivati in biologico oramai da trent’anni. L’intera produzione del 2019 è stata raccolta a mano in piccoli carrelli da 600 chili. Sergio Mottura definisce il 2019 l’anno dei grandi bianchi: «Vini potenti senza perdere di grazia, generosi fin dai primi momenti e complessi come da tradizione».

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